FALSE FLAG

Uno strumento indispensabile per capire l'attualità e i suoi retroscena, ricco di esempi concreti tratti dall'attualità

 

L’Occidente è precipitato in una nuova epoca di terrore.

La strage di Charlie Hebdo e gli attacchi di Parigi hanno sprofondato l’Europa nella morsa della paura, spingendo le nazioni ad adottare misure estreme com’era successo agli USA all’indomani dell’11 Settembre. Gli attentati lasciano però una scia di anomalie e dubbi, di coincidenze inspiegabili e quanto meno ambigue, che riecheggiano drammaticamente la strategia del False Flag.

Cosa sono i False Flag? Per ottenere il consenso dell’opinione pubblica e l’accettazione di gravi sacrifici, l’unico modo è che si palesi una «minaccia estrema e globale». I False Flag sono operazioni belliche “sintetiche” ideate per fare credere che l’attacco sia stato effettuato da gruppi diversi rispetto ai reali esecutori, al fine di addossare loro la responsabilità di quanto accaduto, legittimando così eventuali rappresaglie.

La storia come strumento di manipolazione. Le menzogne diventano così “storia” per giustificare spirali di violenza e nascondere gli interessi delle oligarchie. I mass media entrano in scena a questo punto per veicolare la propaganda bellica e per promuovere come giuste le rivendicazioni del potere.

Lo scopo di questo saggio è quello di offrire una rassegna dei casi di False Flag più celebri e storicamente accertati e di quelli che sollevano plausibili dubbi sulle reali dinamiche degli eventi, senza avere la velleità di mettere la parola fine a ricerche che, si spera, continuino, per accertare, un giorno, la verità.

"False Flag - Sotto falsa bandiera" - Recensione

di Piero Visani

 
     Nell'universo editoriale italiano, fatto di soggetti che per vendere una copia in più ucciderebbero a sangue freddo la madre e che, per pubblicare, non esitano a scrivere tutto e il contrario di tutto, purché piaccia al padrone di turno, la figura di Enrica Perucchietti si staglia per anticonformismo e prolificità. Non so quanti libri questa giovane studiosa riesca a pubblicare in un anno, ma so che sono sempre numerosissimi e - ed è la cosa che vale di più - mai banali.
       Questo è il caso di un agile saggio, uscito nel mese di giugno per i tipi di Arianna Editrice, dal titolo False Flag - sotto falsa bandiera. Strategia della tensione e terrorismo di Stato. In circa 250 pagine, l'Autrice delinea un sintetico ma non superficiale quadro delle False Flag Operations, vale a dire di quelle operazioni che vengono concepite da un soggetto A affinché, una volta portate a compimento, la colpa delle medesime venga fatta ricadere su un soggetto B e non su colui che le ha concretamente realizzate e portate a termine. Si tratta di operazioni la cui genesi affonda le sue radici nel più lontano passato, ma ovviamente la Perucchietti parte dalla fine dell'Ottocento, in particolare dalle modalità con cui gli Stati Uniti diedero il via al conflitto inteso a smantellare gli ultimi resti dell'impero coloniale spagnolo (1898), per arrivare fino ad oggi.
      Lo studio è estremamente documentato, ricco di riferimenti bibliografici e sitografici che tendono sempre a supportare concretamente le affermazioni fatte dall'Autrice, la quale, dando spazio alla narrazione di eventi diversi (dall'affondamento del "Lusitania" all'incendio del Reichstag, da Pearl Harbour all'11 settembre 2001), traccia un'accurata e molto attendibile descrizione delle "operazioni sotto falsa bandiera".
       Uno dei meriti maggiori dell'opera è il suo impegno a mantenersi il più possibile lontano dai pregiudizi, dalle tesi preconfezionate, per lasciare parlare gli eventi e tutta la documentazione che sugli eventi stessi è stata raccolta e che, sulla maggior parte di essi, getta ombre che è eufemistico definire altamente inquietanti, dalla controversa questione dell'attentato alle Torri Gemelle di New York alle modalità con cui da tempo i servizi di intelligence di vari Paesi commissionano e fanno eseguire a manovalanza di soggetti terzi atti che vengono poi definiti come terroristici, consentendo una facile gestione delle opinioni pubbliche di Paesi che - a ben guardare - avrebbero molto di più da preoccuparsi dei loro governi che dei cosiddetti (molto cosiddetti...) terroristi.
       In particolare, la Perucchietti dedica una grande attenzione alla formulazione di quella che è la domanda fondamentale su eventi del genere, che è la seguente: cui prodest, cioè "a chi giova"? E, con grande talento anche di scrittura, ci mostra come, all'interno di queste peculiari operazioni, i vantaggi conseguiti dalle dirigenze politico-burocratico-finanziarie sono di gran lunga superiori, in termini di consolidamento del loro potere, dei danni che dovrebbero o potrebbero avere subito.
       In definitiva, siamo di fronte a un libro la cui lettura suggerisco a chiunque voglia tenere conto di un fatto fondamentale: la guerra mediatica è da tempo la maggiore realtà bellica del mondo contemporaneo e, al suo interno, la virtualità reale ha preso di gran lunga la prevalenza sulla realtà virtuale. Esserne consapevoli, tenerne conto, imparare a leggere la realtà sulla base di queste nuove categorie interpretative, è fondamentale per chiunque desideri non adagiarsi in un'interpretazione dell'esistente da talk show di prima serata, quelli dove c'è sempre una tesi falsa da sostenere e un capro espiatorio da sacrificare alla (scarsa) intelligenza del pubblico.
       Come vecchio studioso di queste problematiche, mi permetto di consigliare a tutti la lettura di questo libro, che non fornisce tesi preconfezionate, ma sollecita l'intelligenza e le capacità speculative del lettore per indurlo a riflettere più in profondità su eventi che gli sono stati presentati in un modo, e magari - in realtà - sono diversissimi da come gli sono stati presentati. La storia e la politica sono eventi da sottoporre a revisione continua, per approfondirne la conoscenza, e l'Autrice lo fa con professionalità e maestria. Forse scrive con tanta prolificità perché immagina che, presto, su certi argomenti si potranno sostenere solo tesi consentite: le altre saranno MESSE AL BANDO. E' la democrazia totalitaria, signori miei, dovremo farcene una ragione: saremo "liberi" di dire tutti la stessa cosa...
 

False Flag: come il Potere falsifica la storia

 
Una conversazione con Enrica Perucchietti
di Federico Musso
 

"La libertà è poter dire che due più due è uguale a quattro." Questa frase profetica di George Orwell è quantomai vera, quando si è di fronte a una "flase flag operation", ossia a un'operazione bellica organizzata apposta per far ricadere la colpa su un avversario.

Di solito, di fronte ai "false flag" (documentati oppure possibili) l'opinione pubblica si fida della "verità" ufficiale, senza approfondire la vicenda. Di fatto, si rifugia in una storia il più delle volte falsificata.

Le azioni "sotto false bandiera" non sono insolite o nuove, come spiega Enrica Perucchietti nel suo "False Flag. Sotto falsa bandiera. Strategia della tensione e terrorismo di stato". Sono un sistema collaudato per gestire l'opinione delle masse e per muovere la storia verso gli obiettivi del potente di turno. Ma come distinguere la versione ufficiale, la teoria complottista e la verità?

Per approfondire l'argomento, Teste Libere ha rivolto alcune domande alla saggista Enrica Perucchietti.

La paura è il sentimento indotto più efficace per trasformare le decisioni politiche sgradite in “inevitabili”, come spieghi nel tuo libro. Quale episodio “sotto falsa bandiera” è, secondo te, quello più importante che le persone capiscano essere stato architettato con altri scopi?

Vorrei poter rispondere l’Undici Settembre, ma non è ancora storicamente provato che si sia trattato di un’operazione sotto falsa bandiera, nonostante la mole di anomalie e di interessi che ruotarono attorno alla tragedia. Forse un giorno sarà riconosciuto come un atto di terrorismo sintetico, ma negli ultimi 15 anni gli attentati, alcuni omicidi sospetti e alcune particolari stragi rientrano sotto la categoria di false flag operation solo “presunta” e non comprovata (come distinguo per obiettività nel mio libro). Faccio dunque riferimento a due casi meno noti all’opinione pubblica ma storicamente accertati: l’operazione Mongoose e l’operazione Northwoods. La prima, conosciuta anche come The Cuban Project, è un’operazione disegnata e condotta dalla CIA a partire dal 1961 sotto la spinta dell’allora ministro della giustizia Robert Kennedy. Nel novembre del 1961, nella massima segretezza, John e Bob Kennedy crearono una cellula per la pianificazione dell’attività clandestina volta a eliminare Castro. Per portare (inutilmente) a segno l’obiettivo, i Kennedy passarono dalle operazioni di sabotaggio e azioni terroristiche, alla pianificazione vera e propria dell’omicidio del leader cubano. Rovesciare Castro era infatti la massima priorità per il governo degli Stati Uniti. In questo clima volto all’eliminazione del leader cubano, nasce l’operazione Northwoods: si trattava di un piano collaterale concepito nel 1962 da alti dirigenti del Ministero della Difesa statunitense, (firmato dal generale Lyman Lemnitzer, capo degli Stati Maggiori Riuniti), allo scopo di suggestionare l’opinione pubblica statunitense e indurla così a sostenere un eventuale attacco militare contro il regime cubano.
Il piano, che non fu mai messo in atto, prevedeva l’esecuzione di una serie di azioni organizzate da entità governative USA condotte sotto copertura e che apparissero come dirette da nazionalisti cubani, inclusi attacchi terroristici da portare a termine contro obiettivi all’interno del territorio nazionale degli Stati Uniti. Essa prevedeva dunque la messa a punto di attentati sotto falsa bandiera allo scopo di screditare il regime Castro e generare un’ondata di indignazione nell’opinione pubblica. Questo è uno dei modelli più sofisticati di false flag, almeno sulla carta. L’operazione intendeva infatti inscenare operazioni sotto falsa bandiera da imputare poi ai cubani in modo da promuovere al mondo l’idea che il governo cubano fosse pericolo e irresponsabile, tanto da rappresentare un’inquietante e imprevedibile minaccia per la pace in tutto l’emisfero occidentale.

Nel libro tratti un capitolo dedicato alle operazioni di organizzazioni segrete, tipo Gladio, e servizi segreti deviati in Italia che sono coinvolti nelle pagine più cupe della nostra storia recente, come gli attentati di Piazza Fontana e di Piazza Della Loggia. L’anno scorso è uscito un libro di Giovanni Fasanella e di José Cereghino “Colonia Italia” che documenta l’influenza dei servizi segreti britannici sull’apparato politico-economico del nostro Paese. E’ un architettura anglo-americana la “strategia della tensione” che abbiamo vissuto?

Certamente. Le rivelazioni dell’ex terrorista Vincenzo Vinciguerra al giudice Felice Casson a partire dal 1984 hanno aiutato a portare alla luce notizie riguardanti Gladio, di cui si sospettava l’esistenza, e la sua architettura angloamericana. La struttura, alle dipendenze dell’Ufficio R del Sifar, era stata creata nel 1952 grazie a un patto segreto stipulato tra la CIA e il capo del Servizio informazioni forze armate (Sifar). Durante il processo del 1984, Vinciguerra spiegò le connivenze dell’estrema destra con i servizi segreti italiani. Ancora Vinciguerra, sentito sempre nel 1984 anche nel processo relativo alla strage di Bologna, parlò apertamente dell’esistenza di una struttura occulta nelle forze armate italiane, composta sia da militari che da civili, con finalità anti-invasione sovietica, ma che, potendo questa anche non avvenire, era stata in grado di coordinare le varie stragi per evitare che anche internamente il Paese si spostasse troppo a sinistra. Ciò era avvenuto a nome della NATO e con il supporto dei servizi segreti e di alcune forze politiche e militari italiane. Essendo nata da un accordo segreto in assoluta illegittimità costituzionale, solo poche persone erano a conoscenza dell’esistenza di Gladio: si trattava di alcuni politici, alcuni ufficiali dei servizi segreti e la massoneria.
Anche il generale Gianadelio Maletti, ex capo del Reparto D del SID del controspionaggio italiano, ascoltato il 21 marzo 2001 dal tribunale di Milano in merito al processo sulla strage di Piazza Fontana (per cui era stato condannato nel 1987 per depistaggio) dichiarò che esisteva una «regia internazionale» delle stragi relative alla strategia della tensione, che la CIA finanziava il SID e che l’Agenzia americana avrebbe fatto di tutto per impedire uno spostamento a sinistra del governo italiano. Il generale sostenne che l’esplosivo utilizzato a Piazza Fontana «proveniva da una base NATO in Germania» e che a «dare l’impulso ai terroristi neri erano stati gli americani, fornendo tritolo avvolto nel plastico». E ancora: «Il SID infiltrava gruppi di estrema destra. E viceversa. Tutti infiltravano tutti. Era un groviglio indescrivibile». Le stragi di quel periodo, secondo il generale, andavano quindi inquadrate nella strategia della tensione.

In Inghilterra la settimana scorsa la deputata pro-UE Jo Cox è stata assassinata in circostanze alquanto sospette. L'assassino assomiglia a uno “zimbello di turno”: un uomo instabile, facilmente manipolabile. Dalle testimonianze dei giornali, pare che Thomas Mair fosse una persona solitaria, taciturna e non avesse relazioni affettive. Inoltre, non aveva mai comunicato ai familiari e conoscenti la propria posizione sul referendum prossimo. Tant’è che la frase da lui urlata al momento dell’assassinio: “Britain First” non trova concordi tutti i testimoni. Inoltre, nel 2003 quattro giorni prima del voto popolare sull’ingresso della Svezia nell’Euro, il Ministro degli Affari Esteri, pro-Euro, fu uccisa a coltellate. Stesso “pattern” che si è ripetuto con Jo Cox e anche allora nei sondaggi i favorevoli all’Euro sono aumentati. E’ possibile pensare a un false flag per condizionare il voto sulla Brexit?

Non posso spingermi a sostenere che si sia trattato di una false flag, preferisco mostrarne però le inquietanti analogie con l’omicidio Lindh e soprattutto la strumentalizzazione che ne è stata fatta dai Media. L’omicidio è stato marchiato da subito politicamente e quindi strumentalizzato per generare terrore e convincere l’opinione pubblica a votare contro la Brexit. In un caso di cronaca, conta solo la prima impressione, contano i primi titoli delle agenzie di stampa perché si può ancorare nell’opinione pubblica, anche qualora giunga successivamente una smentita, la paura. Sull’onda dell’emotività il potere può manipolare meglio attraverso un sapiente dosaggio di terrorismo psicologico le masse, indirizzandone le scelte… è la solita teoria dello shock declinata in mille modi diversi. Nelle settimane precedenti l’omicidio il terrorismo psicologico è stato utilizzato a livello sociale ed economico mostrando come l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrebbe rappresentato una “sciagura” collettiva. I toni catastrofici, però, non erano bastati per invertire la tendenza antieuropeista. Così i Media hanno approfittato della morte di Cox, collegandone l’omicidio agli anti-Ue, per spingere gli indecisi (una bella percentuale, dal 10 al 15%) a scegliere di votare per il “remain”. Si è cioè associata la figura del pazzo (Mair) e la fantomatica frase che avrebbe urlato al momento dell’omicidio, a coloro che avrebbero votato per uscire dall’UE.
Sicuramente la manipolazione mediatica è stata talmente sfacciata da lasciare di stucco. A ciò si aggiunge un precedente, incredibilmente simile, ossia l’assassinio nel 2003, quattro giorni prima del voto popolare sull’ingresso della Svezia nell’Euro, del Ministro degli Affari Esteri, pro-Euro, Anna Lindh. La deputata fu uccisa a coltellate da un altro disadattato, Mijallo Mijailovic, mentre faceva la spesa in un negozio di Stoccolma. La Svezia visse allora la medesima atmosfera di smarrimento del 1986, quando venne ucciso nel centro della capitale il primo ministro Olof Palme mentre usciva con la moglie da un cinema. Un altro delitto misterioso di cui mi sono ampiamente occupata in Governo Globale.
L’uccisione del ministro Lindh ebbe immediati effetti sulla campagna referendaria anche se non furono decisivi. Il 14 settembre 2003, giorno del referendum svedese sull’euro, non ci fu l’ondata emotiva che ci si aspettava e furono confermati i sondaggi della vigilia: prevalse quindi il no con un 56,8%. Nel caso di Cox, invece, abbiamo visto da subito mutare i sondaggi su Brexit, coadiuvati dalla massiccia campagna terroristica inscenata dai Media.
Secondo elemento da prendere in considerazione è la somiglianza tra i colpevoli: sia Mair che Mijailovic rappresentano il tipico uomo instabile, solitario o “zimbello di turno” di cui parlo ampiamente nel libro.
La presenza di un capro espiatorio, una pedina o utile idiota a cui addossare la responsabilità materiale dell’incidente, è infatti un elemento determinante nelle false flag operations, sebbene emerga sempre l’impossibilità fisica che questi abbia potuto agire da solo. I Media faranno però di tutto per nascondere le anomalie del caso e i limiti fisici o psichici dello zimbello di turno.
Normalmente il capro espiatorio ha infatti problemi psichici o comportamentali, è psicolabile o sociopatico, borderline, mentalmente fragile, maldestro e facilmente manovrabile in modo che la paternità della false flag rimanga segreta. Ciò perché una volta utilizzati, devono essere facilmente raggiunti dalla polizia e arrestati (ancora meglio se trucidati), lasciando dietro di sé una lunga scia di dettagli. Devono cioè farsi notare e attirare l’attenzione su di sé in modo da non generare dubbi in seguito alla loro responsabilità.

Domanda filosofica, Nietzsche introduce nella pagine di “Così parlò Zarathustra” l’idea dell’eterno ritorno, cioè, nella sua visione, è necessario abbandonare la fiducia nel progresso inevitabile della storia e accettare che la storia si ripeta. Leggendo il tuo libro, si capisce che nella storia tante volte lo stesso modello di “false flag” si è ripetuto in maniera simile. E’ necessario accettare che il Potere tenterà sempre di far perdere chi vi si oppone, ma basta questo per arrendersi?

Le operazioni sotto falsa bandiera sono sempre esistite. Non sono figlie della nostra epoca né tantomeno sono sgusciate fuori dagli zibaldoni di qualche complottista, come si cerca inutilmente di dire. Vi sono dei casi eclatanti e ben documentati che, come dimostro nel mio libro, attestano senza ombra di dubbio come non si tratti di deliri paranoidi ma di un tema drammaticamente reale. Vi sono altri casi in cui, non essendo stati ancora desecretati i documenti, rimane il dubbio che si possa essere trattato di azioni sotto falsa bandiera (pensiamo ad esempio al caso di Charlie Hebdo su cui è stato posto il segreto militare).
Lo scopo del mio saggio è quello di offrire una rassegna dei casi più celebri e storicamente accertati e di quelli che, dall’11/9 a oggi sollevano plausibili dubbi sulle reali dinamiche degli eventi, senza avere la velleità di mettere la parola fine a ricerche che, si spera, continuino per accertare, un giorno, la verità. Dall’altra il fatto che si possa constatare che esiste una forma di eterno ritorno, uno schema fisso e costante, persino banale, che viene utilizzato dal Potere fino alla nausea dovrebbe smuoverci a ribellarci a questo tipo di manipolazione e a smettere di esserne invece vittime passive.
La storia infatti ha delle costanti che si ripetono in modo ricorrente: quando un modello di menzogna ha funzionato ingannando il mondo una volta, esso viene replicato fino all’evidente parodia di sé.
Per evitare di rimanere vittime di un eterno ritorno, ci si dovrebbe vaccinare dalle macchinazioni egoistiche del potere e dalle illusioni offerte alle masse per giustificare aberrazioni. Per evitare di ripetere catastrofi e genocidi, dobbiamo essere disposti a riappropriarci della nostra coscienza critica, per pensare fuori da quegli schemi impostici dall’alto e per abbandonare la comodità della retorica della politica che dietro il buonismo e il politicamente corretto, nasconde sogni di morte e di conquista. La storia e il nostro passato possono però anche essere fonte di avvertimento e speranza per un futuro che rimane aperto a infinite, umane, variabili. Se il Potere ci manipola da decenni, anzi da secoli, è perché, almeno per ora, serve il nostro consenso. E quindi serve che il nostro immaginario, la nostra coscienza sia succube di queste trame. Noi possiamo imparare a negare tale consenso.

 

da: http://www.testelibere.it/article/false-flag-come-il-potere-falsifica-la-storia

da: http://www.italiasociale.net/interviste17/interviste17-02-01.html

“Grande Fratello, Terrorismo di Stato - False Bandiere fino all’uniformità sessuale” 

 

Federico Dal Cortivo ha intervistato Enrica Perucchietti, scrittrice, editrice e giornalista controcorrente.

 

 D: Dott.ssa Perucchietti nel ricco panorama dei sui libri vorrei soffermarmi su due titoli a mio avviso particolarmente indicativi dei tempi in cui viviamo, “False Flag - Sotto Falsa Bandiera - Strategia della tensione e Terrorismo di Stato” e “UNISEX”, ovvero come si può creare un falso nemico come nel prima caso o un falso problema nel secondo, da cui alla fine qualcuno ne trarrà un vantaggio, un sottile filo conduttore tra i due titoli non le pare?

 

Sì, giusta osservazione. In entrambi i casi si deve osservare alla base una sofisticata strategia della manipolazione. Nel caso delle false flag il metodo è bellico e la conseguente manipolazione è sociale, mediatica e storica: si creano i presupposti con l’inganno per poter legittimare guerre, sanzioni, colpi di Stato, misure draconiane di restrizione della privacy, ecc. Si tratta cioè di creare i presupposti per poi poter raccogliere e sfruttare delle opportunità calcolate con cura. In alcuni casi di lasciare che gli eventi “avvengano” per poi strumentalizzare l’accaduto, anche qualora si tratti di tragedie e di perdita di vite umane. Altre volte si stratta di pianificare attacchi sotto falsa bandiera per poter conseguire un determinato obiettivo, dopo aver manipolato degli “utili idioti” che poi divengono capri espiatori e cooptato talpe, spie, dirigenti, informatori. Ciò avviene sempre, però, in base a obiettivi precisi, strategie studiate a tavolino e interessi personali. Interessi che non corrispondono mai con quelli delle masse.

Nel secondo caso, invece, la manipolazione avviene per gradi in modo da attuare una rivoluzione antropologica e introdurre una nuova visione dell’uomo: il mondo nuovo che si sta creando (citando l’opera di Aldous Huxley del 1932), infatti, necessita di un uomo nuovo che sia spersonalizzato nella sua identità sessuale, omologato e omologabile, di fatto a-morfo, senza forma e quindi facilmente manipolabile e controllabile.

Dietro queste due strategie di manipolazione e strumentalizzazione si identificano gli stessi architetti: i fautori del mondialismo, della globalizzazione delle merci e delle coscienze, i sostenitori del pensiero unico e del politicamente corretto, della cultura gender e della surrogata, delle rivoluzioni colorate e del post-femminismo, i lobbisti e i fanatici del transumanesimo.

Operazioni sotto falsa bandiera e cultura gender, infine, ripropongono aspetti che aveva già analizzato George Orwell in 1984: in False Flag dedico un capitolo alla creazione del Nemico pubblico numero uno sul modello dell’Emmanuel Goldstein orwelliano, mentre in Unisex parliamo ampiamente della psicopolizia e dello psicoreato. Si sta andando verso una società in cui ci si deve allineare, sottomettere al pensiero unico, in cui sarà vietato pensare in modo difforme, libero, in cui sarà vietato per legge dubitare ed esercitare la propria coscienza critica. In parole povere, sarà vietato pensare. L’attuale diatriba sulle fake news e la costituzione di un novello Ministero della Verità (in neolingua Miniver) ne è un esempio lampante: è solo l’inizio di una caccia alle streghe volta in realtà a censurare il dissenso, non a migliorare la qualità dell’informazione.

 

D: In False Flag lei spiega e documenta in modo chiaro come nel corso della storia più o meno recente si sia riusciti a manipolare il consenso della cosiddetta opinione pubblica al fine di ottenere dei vantaggi politici, sfociati poi spesso in guerre, e gli Stati Uniti paiono coloro che più di ogni altro hanno beneficiato di queste azioni “non convenzionali”, Lei che ne pensa?

 

Gli Stati Uniti hanno introdotto la dottrina della guerra preventiva e si sono arrogati il diritto/dovere di difendere il proprio imperialismo (pertanto i loro interessi) e di imporlo con la forza al resto del mondo. Quando Bush jr. nel giugno del 2002 ha dichiarato che «La sicurezza dell’America, ha bisogno che tutti gli americani […] siano pronti ad agire preventivamente» nessuno, sull’ondata dello schock post 11 Settembre ha fiatato. Era infatti avvenuto quello che auspicava Zbigniew Brzezinski nel 1997 ne La Grande Scacchiera quando profetizzava la necessità di un evento drammatico per compattare il popolo americano contro una minaccia esterna per assicurare il «primato americano» sulla grande scacchiera della geopolitica, auspicando una nuova Pearl Harbor. Il consenso del popolo, spiegava Brzezinski, è fondamentale «sulle questioni di politica estera», pur sapendo che non è facilmente ottenibile in quanto gli Stati Uniti sono una democrazia e tale forma di governo limita la sua capacità di «intimidazione militare». Questo inconveniente può essere superato da una minaccia esterna che mini il senso di benessere collettivo. In un altro passaggio Brzezinski citava come esempio il dicembre del 1941, in cui il popolo americano, prima restio a entrare in guerra, sostenne l’impegno nella seconda guerra mondiale in gran parte «a causa dell’effetto scioccante dell’attacco giapponese di Pearl Harbor».

Gli americani si erano infatti dimostrati non solo favorevoli ma addirittura ansiosi di partecipare alla Seconda guerra mondiale dopo l’attacco di Pearl Harbor, che aveva provocato un vero e proprio shock collettivo. A distanza di tre anni dal saggio di Brzezinski, il documento del Project for the New American Century contiene, forse non per caso, un passaggio analogo. Il documento invita ad attuare una «rivoluzione degli affari militari» per poter instaurare una pax americana. Gli autori del testo notano come la trasformazione si prospetti però lenta «in assenza di un evento catastrofico e catalizzatore, quale ad esempio una nuova Pearl Harbor».

Ecco che l’11 Settembre 2001 la storia si ripete come “farsa”, citando Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte di K. Marx, offrendo la «minaccia esterna diretta […] percepita in modo generalizzato» e «un evento catastrofico e catalizzatore» che diviene il casus belli per trascinare nuovamente e con rapidità gli Stati Uniti in guerra.

Quella che sarebbe poi diventata una vera e propria “dottrina” della forza, era già stata anticipata nel Programma per la Sicurezza nazionale pubblicato poi nel settembre 2002 che si tramutò in breve nella politica estera ufficiale adottata dagli USA. Tale programma, noto come NSS 2002 sosteneva, infatti, la necessità di «agire contro […] le minacce emergenti prima che prendano piena forma» e spiegava la necessità del ricorso all’azione. Alla luce degli intenti espressi dal documento, non ci si deve meravigliare se nel NSS 2002 troviamo sottolineato che «Gli eventi dell’11 settembre 2001 hanno cambiato sostanzialmente il contesto delle relazioni tra gli Stati Uniti e gli altri centri principali del potere globale, aprendo nuove e vaste opportunità». Dovrebbe indignare in questo contesto l’utilizzo del termine “opportunità”.

L’operato occulto delle organizzazioni che per esempio finanziano i ribelli all’estero (dalle rivoluzioni colorate a Isis), dei governi ombra e dei servizi deviati di cui parlo nel libro dimostra come la teoria alla base della dottrina della guerra preventiva non sia nata esattamente con Bush e soprattutto non sia finita con la sua amministrazione. Anzi, con il governo democratico Obama, le tecniche per promuovere la “democrazia” americana nel mondo si sono semplicemente affinate: invece di basarsi sulla forza, prediligono ora finanziamenti, pressioni, manipolazioni di massa.

 

D: A suo avviso perché questa nazione ha necessità più d’altri di creare False Flag, una costante, quasi come se volesse mettersi la coscienza a posto di fronte a Dio, un atteggiamento bigotto frutto della tradizione puritana? Oppure?

 

Credo che sia una questione meramente strategica, bellica. Si è capito che un certo modello o schema funziona e lo si continua a utilizzare. Citando ancora Orwell, si continua a riscrivere la storia; viviamo in una specie di eterno presente in cui stiamo perdendo la memoria storica quindi diventa più difficile per l’opinione pubblica ricordarsi di quando è stato ad esempio dimostrato storicamente che un attentato in realtà era un’operazione sotto falsa bandiera o faceva parte di una più ampia strategia della tensione. Per questo la storia si ripresenta come “farsa”.

Infine mi sembra che per gli architetti del mondialismo non ci sia più alcun “Dio” da temere o adorare, al contrario è in atto un’evidente battaglia prometeica di costoro e dei sostenitori del transumanesimo contro qualunque modello tradizionale e più in generale contro la Natura (e qua torniamo al tema di Unisex). L’impressione è che costoro tentino di umiliare il divino e abolire, violare la Natura ponendosi contro di essi con un atto di orgoglio, senza però pensare alle possibili conseguenze. Gli interessa conquistare, dominare, arricchirsi, dubito persino che abbiano ancora una coscienza: è come se un’Ombra li avesse infettati e gliela avesse fagocitata convincendoli di essere loro degli dèi…

 

D: America Latina, Serbia, Ucrana, Libia, che cosa unisce tutti questi scenari geopolitici ?

 

Si tratta di caos pianificato: colpi e omicidi di Stato, ribaltamento dei rapporti diplomatici, demonizzazione del nemico grazie a notizie create ad arte, legittimazione di guerre a colpi di false flags, guerra psicologica, accerchiamento della Russia e ritorno di un’anacronistica Guerra Fredda 2.0. Si ricorre ormai alla guerra asimmetrica e alla guerra di quarta generazione (4GW in acronimo), in cui il confronto militare non è diretto, almeno nella fase iniziale, e il grosso delle operazioni è svolto invece da una massiccia attività di guerra psicologica che si realizza con un diretto attacco alle menti dei membri del fronte nemico, soprattutto ai danni dei suoi leader che vengono demonizzati grazie a notizie manipolate e artefatte dai mezzi di comunicazione di massa. Combinando in maniera sapiente l’uso dei Mass Media e l’invio di armamenti “ribelli” (financo il finanziamento e l’addestramento dei ribelli), si cerca di ottenere l’effetto voluto. Otpor! infatti è stato il modello per i ribelli delle rivoluzioni colorate e per la Primavera araba.

 

D: L’11 settembre rappresenta probabilmente lo stato dell’arte delle False Bandiere nel secondo dopoguerra, e del politicamente dominante e corretto giornalistico, concorda? Come spiega un controllo dei media così attento e capillare nel giorno degli eventi che colpirono New York e Washington e in quelli immediatamente successivi, in quella che la cinematografia Hollywoodiana ci ha sempre descritto come la Patria della libera informazione?

 

Credo che il conflitto di interessi dell’amministrazione Bush abbia aiutato… così come la legittimazione della dottrina della guerra preventiva. Fu proprio G. W. Bush a fare pressioni – dopo un identico intervento di Dick Cheney - affinché le indagini sull’11/9 venissero limitate il più possibile per non sottrarre “fondi e personale” alla guerra al terrorismo. In realtà non si voleva che emergessero le “anomalie” dell’attentato e si sono persino ostacolate le indagini. I principali beneficiari dell’11 Settembre si trovano negli Stati Uniti o non in Medio Oriente: l’amministrazione Bush, il Pentagono, la CIA e l’FBI, l’industria delle armi, l’industria del petrolio. È ragionevole chiedersi se coloro che hanno ricavato dei benefici dalla tragedia abbiano anche contribuito a farla accadere o abbiano lasciato che accadesse per poter strumentalizzare e spettacolarizzare l’accaduto. Presumibilmente lo scopo degli eventi era poter innescare un casus belli per poter legittimare e avviare una serie di politiche belliche, ossia promuovere la «mobilitazione imperiale» nel Medio Oriente e al contempo accerchiare l’antico nemico, la Russia.

 

D: Dott.ssa Perucchietti che idea si è fatta degli attentati a Charlie Hebdo e poi ancora Parigi, Monaco, Nizza e Berlino, che hanno sempre visto coinvolti i cosiddetti terroristi dell’Isis o islamici? Cui prodest? CIA, Mossad, altri sulla scena del crimine? A chi erano indirizzati questi messaggi di sangue?

 

Sulle indagini della strage di Charlie Hebdo è stato posto il segreto militare: l’allora ministro degli Interni francese, Bernard Cazeneuve, ha bloccato ogni ulteriore inchiesta sulla tragedia. Per quale motivo? Come mai sempre più spesso questi attentati avvengono in concomitanza di simulazioni antiterroristiche (war games) - come avvenuto durante gli attentati dell’11 settembre e del 7 luglio 2005 a Londra? Le anomalie sono molte e non sono state indagate a sufficienza.

Indipendentemente dalla diverse dinamiche degli attentati, però, mi sembra che sia riemersa una nuova forma della strategia della tensione 2.0. Gli attentati sono stati paragonati più volte all’11 Settembre in particolare per il clima di terrore mediatico che si è creato e consolidato nei giorni e nelle settimane successive, arrivando a chiedere l’introduzione in Europa di normative per la sicurezza sul modello del Patriot Act americano. I Media hanno manipolato l’emozione popolare, introducendo l’idea che ci sia bisogno di maggiore sicurezza e che sia necessario un giro di vite sulla privacy. Meno libertà in cambio di maggior protezione per la collettività. Peccato che le falle che avrebbero portato a questi tragici eventi, secondo la ricostruzione ufficiale, siano dovute proprie a negligenze e mancanze delle forze dell’ordine e dei servizi segreti…

 

D:Infine oggi si parla non solo di False Flag, ma anche di Fake News-notizie false, nell’Assemblea Ue è già stata approvata una risoluzione politica contro la disinformazione anti Ue e a favore dei movimenti populisti, attribuita alla Russia di Vladimir Putin e ai cosiddetti terroristi islamici, che ne pensa?

 

Dovremmo tenere ben presente lo scenario orwelliano del Ministero della Verità a cui accennavo prima, perché è il primo rischio di un’operazione come l’attacco ai dissidenti dell’informazione mainstream che è iniziato con la sospensione della monetizzazione del sito Byoblu. È in atto una campagna per riappropriarsi del monopolio della verità che si gioca su più fronti: i siti antibufale, il cyberbullismo, gli attacchi violenti (insulti e minacce) volti a intimidire i ricercatori e giornalisti indipendenti, la demonizzazione mediatica, ecc. Voglio sottolineare che è solo l’inizio: presto verrà sferrato un attacco contro tutti i dissidenti, contro tutti coloro che si azzarderanno a pensare “fuori dal coro” e ciò avverrà anche grazie il ricorso a leggi che limiteranno sempre di più la libera informazione ed espressione. Questa si chiama censura. Ciò sta a dimostrare che è in pericolo il pluralismo e la libertà di pensiero, non solo quella di espressione. Presto dovremo uniformarci all’Ortodossia del Partito, come in 1984. È in atto una caccia alle streghe alimentata ad arte per uniformare le menti: è ora che si deve intervenire e fare resistenza.

 

D: Nel libro UNI SEX, scritto assieme a Gianluca Marletta, lei parla di potenti lobby che vorrebbero imporre al mondo l’uniformità sessuale quindi secondo Lei il Grande Fratello di Orwelliana memoria dopo aver attivato False Bandiere, manipolato l’informazione ad uso politico, ora vorrebbe anche ridurci a semplici atomi privi d’identità? A quale scopo e chi sono i manovratori che si agitano dietro le quinte?

 

Questa teoria, inizialmente patrimonio di ambienti di nicchia e di gruppi minoritari, è divenuta ai giorni nostri un vero e proprio pilastro ideologico della cultura moderna, adottata come un cavallo di battaglia da gran parte dei “poteri forti”, dalla politica e dalle lobby economiche occidentali, fino a condizionare la cultura, i costumi, le legislazioni e la politica di un’intera parte del mondo, al punto da riuscire a imporre (e anteporre) le proprie “priorità” rispetto a qualsiasi altra istanza o esigenza sociale. Credo si voglia intervenire e rimodellare l’immagine stessa dell’uomo tramite un processo di spersonalizzazione dell’individuo, rendendo fluidi i generi e l’orientamento sessuale, abolendo il concetto di famiglia tradizionale e aprendo alla surrogata che considero una moderna forma di schiavismo e di mercificazione come spiego nel mio Utero in affitto. La fabbricazione di bambini, la nuova forma di schiavismo. I retroscena della maternità surrogata, dalle derive dell’eugenetica agli interessi delle lobby (rEvoluzione Edizioni).

Questa trasformazione antropologica sembra annunciare il prossimo avvento di un “uomo artificiale”, un uomo-OGM che nell’ottica faustiana di una scienza priva ormai di qualsiasi limitazione d’ordine etico, molti proclamano dover essere il nuovo culmine dell’evoluzione. Siamo ormai in un orizzonte post-umano…

 

D: Dott.ssa Perucchietti, lei parla di “educazione di genere”, in che consiste? La scuola Italiana è sotto attacco? E in Europa? Ci parli brevemente del progetto Eglalia.

 

Si sta introducendo anche a scuola, persino a partire dall’asilo, la cultura gender, sponsorizzandola e giustificandola come una forma di sensibilizzazione nei confronti delle minoranze, nella forma di campagne contro la discriminazione sessuale o contro il bullismo. Negli ultimi anni gli istituti d’istruzione d’ogni ordine e grado sono diventati il principale terreno di conquista delle “lobby Gender”, che in essi vedono il luogo per eccellenza dove tentare di condizionare fin dalla più tenera età le menti dei futuri cittadini del “mondo nuovo”. Ed è così che progetti culturali (spesso astutamente presentati come battaglie contro il “bullismo omofobico”), nuovi libri di lettura o di testo infarciti di riferimenti all’omosessualità, corsi di “educazione sessuale” in chiave Gender e persino programmi ministeriali imposti per legge, hanno finito per colonizzare in breve tempo le scuole di mezza Europa, spesso imposti nella più totale indifferenza od ostilità verso la sensibilità o le scelte delle famiglie e dei ragazzi.

In Svezia - Paese dove, qualche tempo fa, la multinazionale dei giocattoli Toytop ha dovuto creare un catalogo di “giochi per bambini neutri” allo scopo di sfuggire alle accuse di “sessismo” che gli erano state lanciate - è nato anche il primo “asilo dei bambini senza sesso”, Eglalia: i bimbi, tutti da 1 a 6 anni, non vengono chiamati a seconda del loro sesso ma sono appellati indistintamente con il nome «friend», amico/a, e per dire «lui» o «lei» viene usato il pronome neutro svedese «hen», inesistente nel vocabolario svedese ma usato nei circuiti femministi ed omosessuali. Come nella neolingua orwelliana, si sta infatti facendo ricorso anche a uno svuotamento della lingua e all’adozione di nuovi termini o espressioni. E meno male che volevano convincerci che il gender fosse una bufala…

 

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Federico Dal Cortivo“Grande Fratello, Terrorismo di Stato - False Bandiere fino all’uniformità sessuale” 

 

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