FAKE NEWS - 4D EDIZIONE AGGIORNATA E AMPLIATA
Questo è un libro 4D!
LEGGI, GUARDA ASCOLTA, VIVI!
Che cos'è?
È un libro che va oltre la carta.
Contiene una serie di contenuti multimediali extra
A cosa serve?
Per immergersi nella realtà del libro
Per approfondire la conoscenza
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Impoverire la lingua, distruggere la libertà, cancellare la Storia, manipolare l'informazione, distrarre l'opinione pubblica, abolire la verità, reprimere il pensiero critico: riprendendo e attualizzando le tematiche portanti del capolavoro di George Orwell, 1984, l'autrice mostra come l'attuale battaglia contro le fake news intenda censurare l'informazione alternativa, per orientare il consenso e garantire gli interessi delle élite.
L'emergenza sanitaria per il Covid-19 ha infatti permesso l'oscuramento di numerosi contenuti in Rete, legittimando la creazione di task force e l'approvazione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulle fake news che rievocano il Ministero della Verità orwelliano.
Che cosa è cambiato nei decenni
e come si sono evolute le tecniche
del controllo sociale?
In che modo il potere fabbrica il consenso
e orienta le nostre scelte?
Si sta cercando di censurare
l'informazione indipendente?
Come ci si può difendere dal tentativo
degli spin doctors di manipolarci?
«Enrica Perucchietti, in questa edizione aggiornata e arricchita del suo testo, ribalta lo schema e dimostra come la principale fabbrica di fake news non sia la prateria della rete ma il
potere stesso, Big Brother, che controlla i flussi di opinione, fabbrica il consenso, manipola la realtà, veicola le masse e punisce il dissenso come psicoreato».
Dall'introduzione di Marcello Veneziani
«Il tema è scomodo e per questo il cosiddetto mondo mainstream tende a ignorarlo, eppure è imprescindibile se la stampa vuole essere uno strumento di riflessione critica della nostra società,
se davvero i cittadini vogliono evitare il rischio che l’incubo di Orwell sull’omologazione delle menti e l’instaurazione di una censura di fatto diventi realtà. Questo libro ce lo ricorda pagina
dopo pagina con la caparbietà di chi, come Enrica Perucchietti, ha a cuore l’autenticità e la veridicità della nostra democrazia».
Dalla prefazione di Marcello Foa
I CONTENUTI EXTRA DEL LIBRO:
VIDEO DI APPROFONDIMENTO CON L'AUTRICE
- L'INFORMAZIONE AI TEMPI DEL COVID-19 E LA STRATEGIA DELLA PAURA
- LA PROPAGANDA COME INGEGNERIA DEL CONSENSO
- COME DIFENDERSI DALLA DISINFORMAZIONE
- LE 10 REGOLE DELLA MANIPOLAZIONE SOCIALE
- TEORIA DELLO SHOCK: LA STRUMENTALIZZAZIONE DELL'EMERGENZA SANITARIA E LA CENSURA DELLA RETE
- COME FARE? IL RUOLO DEL GIORNALISMO OGGI
DOCUMENTI PDF
- JACQUES ATTALI SOGNA UN MONDO NUOVO
- ANALISI DEL LINGUAGGIO DI BARACK OBAMA
...E TANTO ALTRO!
FAKE NEWS: DALLA MANIPOLAZIONE DELL'OPINIONE ALLA POST-VERITA'
Come si sono evolute le tecniche del controllo sociale,
e in che modo influenzano la tua vita?
Con quali tecniche i potenti orientano le tue scelte?
Che cosa si nasconde dietro la battaglia contro le fake news?
Il mondo totalitario descritto da George Orwell in 1984 è più attuale che mai e
il “reato di opinione” è una realtà sempre più vicina.
Enrica Perucchietti analizza il rapporto tra i mezzi di comunicazione, il potere e le strategie del controllo sociale, dimostrando con numerosi esempi come i primi a mentire all’opinione pubblica siano proprio i mezzi di comunicazione. In questo testo, unico per informazioni dettagliate e sconosciute al pubblico, viene finalmente svelato l’intento oscuro della battaglia contro le fake news: reprimere il dissenso e censurare l’informazione alternativa, impedendo alle persone non solo di esprimersi, ma persino di pensare.
Il confine tra informazione e propaganda è sempre più sottile.
Come dimostra l’autrice, siamo però ancora in tempo per riappropriarci del nostro futuro, confinando gli scenari distopici alla fantasia dei romanzieri.
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Fake News, intervista a Enrica Perucchietti: “Sempre più vicini allo psicoreato”
L’ultimo libro di Enrica Perucchietti può essere considerato un vero e proprio grido d’allarme. Parliamo di Fake News (Arianna Editrice), che si avvale della prefazione di Marcello Foa. La battaglia in corso contro le cosiddette fake news è, in realtà, per Perucchietti un ulteriore grande passo verso una forma moderna di psicoreato, voluta da forze governative che non accettano il pensiero controcorrente.
Un tema super-bollente soprattutto in questi tempi dove il termine fake news è diventato quasi di moda ma dietro ci sono realtà e nuovi rischi non sempre di facile interpretazione. Il libro intende essere una bussola proprio per capire meglio “chi e cosa c’è dietro”, come testimonia l’intervista che abbiamo fatto all’autrice.
-Perché questo libro? Come autrice affermata, quali sono le esigenze che l’hanno portata a scrivere questo nuovo saggio critico?
Negli ultimi anni ho approfondito sempre di più il tema della manipolazione e del controllo sociale. L’attuale battaglia globale contro le fake news si inserisce in questo ambito: ritengo infatti che sia una forma di strumentalizzazione per convincere l’opinione pubblica a introdurre il reato d’opinione e soprattutto censurare l’informazione alternativa che si svolge soprattutto sul web. Il potere oggi, come il Grande Fratello orwelliano, sottomette le menti dei cittadini tramite il “controllo della realtà” e niente deve sfuggire alle maglie del suo dominio onnipervasivo. Il potere, cioè svuota le menti dei cittadini per riempirle con i propri contenuti: chi si oppone, chi dissente viene accusato di “psicoreato”. Nel libro, mostro come molte tematiche affrontate da Orwell in 1984 si sono o si stanno concretizzando.
Oggi chi non si allinea al pensiero unico e al politicamente corretto viene infatti perseguitato, rischia la censura e in futuro, grazie alle proposte politiche di cui parlo ampiamente nel libro, verrà punito con sanzioni se non addirittura con l’arresto.
Quali sono le dinamiche sociali e politiche che caratterizzano l’attuale mondo della comunicazione?
Con l’avvento della moderna società di massa il potere ha dovuto esercitarsi su un numero indefinito di persone che vengono considerate un “gregge disorientato” che va eterodiretto.
L’arte del controllo ha finito per divenire scienza delle Pubbliche Relazioni o, meglio, una “scienza della manipolazione” che riesce a influenzare comportamenti e modi di essere, il più delle volte senza dover fare uso della coercizione fisica, usando semmai la comunicazione e i media mainstream come cassa di risonanza.
Edward Bernays parlava di “tecniche usate per inquadrare l’opinione pubblica” portate avanti da un “governo invisibile”: il potere oggi preferisce infatti rimanere “nell’ombra”, mostrandosi il meno possibile. Riesce così a controllare i cittadini penetrando nel loro immaginario, nella loro mente, nella loro coscienza.
Nel libro analizzo quindi le maggiori tecniche di controllo sociale: una volta individuato lo schema di fondo diviene più facile emanciparsi e tornare a esercitare il pensiero critico.
-Fake news e “post verità” rispondono a quale logica di persuasione dominante?
Generare caos, rendere sempre più virtuale e confusa la realtà in modo da poter calare dall’alto la verità precostituita a cui affidarsi ciecamente. La virtualità dell’informazione ci convince di poter credere a ciò che si vuole perché tanto tutto è vero e tutto è relativo. Il relativismo e il senso di precarietà che ne conseguono servono al potere perché si è manipolata talmente tanto l’informazione che oggi la verità sembra un Noumeno inconoscibile e irraggiungibile: tanto vale pertanto non credere più a nulla o credere a ciò che si preferisce. Oppure affidarsi ciecamente a un principio di autorità che rappresenti la figura paterna che latita ormai nella nostra società: ecco come nasce il Miniver orwelliano. Esso e i suoi ministri non mentono e non possono mentire, rappresentano l’Ortodossia e vigilano su di noi, ci tutelano dallo psicoreato e ci proteggono dalle minacce esterne e dai nemici. Abbiamo anzi bisogno di leggi nuove per orientarci nel mondo: leggi che ci dicano come vivere e morire e soprattutto come e cosa pensare.
-Lei tratteggia una comparazione storico letteraria con le tesi delle maggiori distopie contemporanee. La finzione ha superato la realtà?
Sì. Possiamo dire che il genere distopico aveva ragione, in particolare George Orwell con 1984 e Aldous Huxley con Il mondo nuovo a cui faccio ampi riferimenti nel libro.
Credo che si stia andando sempre più verso una società trasparente in cui la privacy verrà gradualmente abolita. Lo sguardo elettronico del Governo ci seguirà in ogni attimo della nostra esistenza, esattamente come l’occhio del Grande Fratello orwelliano.
L’obiettivo, per esercitare meglio il controllo collettivo, è rendere ognuno di noi un “uomo di vetro”, trasparente, sotto costante sorveglianza tecnologica ma non solo, perché questo controllo sta penetrando gradualmente anche nelle nostra coscienza attraverso l’introduzione di una forma moderna di “psicoreato”. Si vuole cioè che la collettività si uniformi al pensiero unico che è stato calato dall’alto; chi non lo fa e osa criticare il sistema viene perseguitato, dileggiato, censurato e forse in un futuro prossimo anche perseguitato penalmente.
La guerra alle fake news cela pertanto, come dicevo prima, il tentativo di introdurre il reato d’opinione per censurare l’informazione alternativa.
-Esistono spazi reali e praticabili di comunicazione credibile e indipendente?
I margini di libertà sono proporzionali alla nostra coscienza critica e alla nostra volontà di emanciparci da questo giogo nascosto. Per vigilare sulla nostra libertà collettiva dobbiamo tornare a metterci in gioco e soprattutto a usare la nostra testa in modo critico anche qualora ciò significhi pensare controcorrente rispetto al pensiero unico. Costi quel che costi.
DA:
Il Ministero della Censura. La caccia alle fake news vuole imbavagliare l’informazione alternativa
«La guerra è pace, La libertà è schiavitù, L’ignoranza è forza». Questi sono i tre slogan che campeggiano stampati sulla facciata del palazzo di forma piramidale in cemento bianco in cui si trova la sede del Ministero della Verità orwelliano: è al suo interno, nell’Archivio, che lavora il protagonista di 1984, Winston Smith. Il Miniver (in neolingua) si occupa dell’informazione e della propaganda e ha il compito di produrre tutto ciò che riguarda l’informazione: promozione e diffusione dei precetti del partito, editoria, programmi radiotelevisivi, letteratura. Questo ente si occupa anche della rettifica di questo materiale, in un’opera capillare e costante di riscrizione delle fonti. Il Miniver, cioè, si occupa di falsificare l’informazione e la propaganda per rendere il materiale diffuso conforme alle direttive e all’ideologia del Socing. Il Grande Fratello, infatti, sottomette le menti dei cittadini tramite il “controllo della realtà”, ossia il bipensiero e niente deve sfuggire alle maglie del suo dominio onnipervasivo.
Nella società distopica immaginata da Orwell, il controllo è totale in quanto i colleghi di Winston si occupano di falsificare la storia seguendo l’adagio del Partito, «Chi controlla il passato […] controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato». Le menzogne propinate dai falsificatori vengono imposte dal Partito e acquisite in modo spontaneo e acritico dalle masse perché «se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera». Questo passaggio di 1984 riecheggia il noto adagio di Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda del Terzo Reich: «Se ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte, diventa una realtà». E soprattutto, viene acquisita e introietta come se fosse sempre stata vera.
Il “controllo della realtà” e la falsificazione costante del passato servono a soggiogare il popolo tenendolo imprigionato in una forma di eterno presente: privo di memoria storica e senza più la capacità di usare la coscienza critica, l’uomo comune è costretto a crollare di fronte alla dissonanza cognitiva che viene indotta dal Grande Fratello, senza nemmeno accorgersi delle bugie a cui viene bombardato quotidianamente. Dovrà quindi allinearsi completamente all’Ortodossia, accettare e credere qualunque menzogna come dogma, anche qualora si dica che 2+2 fa 5. Chi non lo facesse sarebbe immediatamente accusato di psicoreato. Il potere, cioè svuota le menti dei cittadini per riempirle con i propri contenuti, proprio come ripeteva ancora Goebbels «Non basta sottomettere più o meno pacificamente le masse al nostro regime […] Vogliamo operare affinché dipendano da noi come da una droga».
Tematiche attualissime − come mostro nel mio ultimo libro, Fake News. Dalla manipolazione dell’opinione pubblica alla post-verità: come il potere controlla i media e fabbrica l’informazione per ottenere il consenso (Arianna Editrice) − in un periodo in cui la caccia alle fake news sta monopolizzando il dibattito pubblico all’interno di una cornice fintamente democratica e le voci dissonanti sono ancora troppo poche.
L’attuale diatriba sulla fake news ha portato alla promozione di un clima di isteria che potremmo definire una “caccia alle streghe 2.0”. In un pieno rigurgito di maccartismo, dove al posto dei comunisti oggi vengono perseguitati coloro che non si allineano al pensiero unico, è in atto una campagna che da un lato strumentalizza la violenza e il cyberbullismo dei social e dall’altro, in piena modalità schizoide, fa uso di questi metodi per attaccare, dileggiare, denigrare e screditare i ricercatori e i giornalisti “alternativi”. Si è partiti con la graduale costituzione di siti atti allo smascheramento di bufale per finire ad adottare metodi sempre più sofisticati per imbavagliare il web (come se le bufale fossero un’esclusiva della rete e i media mainstream ne fossero immuni!).
Sia i media mainstream, sia i politici che oggi chiedono misure per la censura del web hanno negli anni divulgato, e continuano a farlo, innumerevoli panzane, menzogne deliberate o fake news (si pensi per esempio alle famigerate armi di distruzione di massa iraquene poi rivelatesi inesistenti) ricorrendo quindi a sofisticate forme di manipolazione per dirigere il consenso dell’opinione pubblica. Invece il neo Tribunale dell’Inquisizione si focalizza soltanto sui contenuti della rete, additando anche gli argomenti scomodi come bufale.
Secondo i novelli inquisitori, infatti, fenomeni politici e sociali come Brexit, l’elezione di Trump, la vittoria del NO alla modifica costituzionale in Italia, ecc. sarebbero in realtà il frutto “scellerato” della diffusione delle bufale on line (se non addirittura dovute all’intervento dei famigerati hacker russi). Per tutelare la “propaganda”, introdurre in modo sempre più strisciante lo psicoreato e censurare l’opinione pubblica, in Occidente si stanno quindi introducendo leggi o apparati volti a stanare le bufale e a oscurarle, con il rischio (o forse dovremmo dire con l’intento deliberato) di censurare il web e in particolare l’informazione alternativa.
Anche Facebook, Google e Twitter sono dovuti correre ai ripari per poter sottostare al volere dell’establishment. Durante le presidenziali francesi, per esempio, Facebook ha oscurato 30 mila profili accusati di diffondere fake news o fare spam, suscitando non poche polemiche. Sempre in Francia, nella conferenza stampa di inizio anno, Macron ha annunciato un progetto di legge per combattere le fake news e rafforzare il controllo dei contenuti su internet in periodo elettorale.
Nemmeno l’Italia sfugge a queste misure draconiane: da noi il ministero dell’Interno ha attivato un nuovo servizio a disposizione degli utenti per segnalare fake news, che è stato presentato a Roma alla presenza del ministro dell’Interno Marco Minniti, il capo della Polizia Franco Gabrielli e il direttore del servizio di Polizia postale, Nunzia Ciardi. Una volta ricevute le segnalazioni, un team dedicato del Cnaipic le verificherà attentamente attraverso l’impiego di tecniche e software specifici e, in caso di accertata infondatezza, pubblicherà una smentita. In che modo si deciderà quali contenuti sono veri e quali falsi? Fino a che punto si spingerà questo sistema?
L’opinione pubblica sembra passiva di fronte a questi provvedimenti se non addirittura propensa a legittimare l’uso della forza, arrivando persino ad accettare di introdurre il reato di opinione: una forma di psicoreato orwelliano 2.0 secondo cui verrebbe punita non più l’azione ma la libertà di espressione e ancora prima di pensiero. Non si potrà più pensare “male” (cioè in modo critico e indipendente dal pensiero unico): i propri pensieri e le proprie emozioni dovranno allinearsi al pensiero comune, globale, globalizzato, politicamente corretto. Sarà semplicemente vietato pensare fuori dal coro: la mente di tutti noi sarà definitivamente sotto controllo. Apparentemente, per una “buona” causa.
DA INTERESSE NAZIONALE:
FAKE-NEWS: LA STRANA GENESI DELL'INQUISIZIONE 2.0
Non si arresta la battaglia contro le fake news, anzi si moltiplicano le proposte per censurare il web con lo scopo apparente di reprimere la disinformazione. Il problema esiste, ma le soluzioni proposte sembrano solo un pretesto per censurare la rete, ossia mettere a tacere le voci alternative “scomode”. Al contempo si persiste nel far crescere l’isteria collettiva, strumentalizzando il problema per legittimare agli occhi dell’opinione pubblica un eventuale provvedimento.
Avete notato, per esempio, come alcuni meme o notizie fasulle che diventano virali sul web sono così grossolani e assurdi da sembrare che siano stati messi in circolazione apposta per inquinare i pozzi? A chi fanno comodo se non a coloro che poi ne denunceranno l’esistenza, demonizzando il fenomeno? Può esserci a monte una strumentalizzazione del problema o una sua amplificazione? Non sarebbe una strategia nuova, è stata adottata più volte in passato dagli spin doctors per creare caos e ottenere un risultato specifico.
In un periodo in cui si parla tanto di vaccini, dovremmo imparare a immunizzarci dalle “balle”, sia quelle che ci propinano ogni giorno i media mainstream (vera e propria cassa di risonanza della propaganda) sia quelle che troviamo sul web. Dovremmo imparare a distinguere almeno una notizia assurda da una “verosimile”. La responsabilità della diffusione di notizie false è infatti anche nostra. Dovremmo mostrare maggiore attenzione ai contenuti che selezioniamo e rilanciamo in modo compulsivo. Dovremmo cioè riappropriarci del nostro pensiero critico ed essere più cauti e meno ingenui. Soprattutto meno frettolosi.
Ed è in questo clima di post-verità in cui ormai tutto è sempre più virtuale e il virtuale assurge a reale, che si legittima l’introduzione del reato d’opinione. Se fossimo però tutti più attenti e coscienziosi, non ce ne sarebbe bisogno. Il problema è che siamo sempre più passivi, e quindi ci facciamo letteralmente “riempire” e plasmare da ciò che ci viene detto, trasmesso, raccontato, senza sottoporne il contenuto al pensiero critico. Anni di televisione spazzatura ci hanno reso dei soggetti catatonici: siamo soprattutto distratti e attratti da ciò che è morboso e che si presenta sotto forma di “gossip” o di esagerazione.
Concordo con l’amico Marcello Foa che vede dietro la lotta alle fake news un vero e proprio “metodo” volto a silenziare «le voci davvero libere» (http://blog.ilgiornale.it/foa/2017/11/28/aprite-gli-occhi-sulle-fake-news-sono-solo-un-pretesto-per-imporre-la-censura-ve-lo-dimostro-qui/).
Credo che abbia centrato l’obiettivo. E credo, forse non esagerando, che dietro ci sia un’abile regia che sfrutta una delle regole auree del decalogo che viene impropriamente attribuito a Noam Chomsky sulla manipolazione della comunicazione. Mi riferisco alla seconda regola: Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema − reazione – soluzione”: si crea cioè un problema per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desidera far accettare (ma che in realtà sono state pianificate a monte e calate dall’alto).
Si è lasciato che si diffondessero, magari con un “aiutino” notizie assurde, siti e blog che campano con i click spacciando bufale, per poterle poi strumentalizzare e farne un caso globale. Nel momento in cui si mostra all’opinione pubblica l’esistenza di un problema, di un’emergenza che va sanata, si propongono delle norme che hanno in realtà lo scopo di introdurre altro, in questo caso il reato d’opinione con il quale non si vuole colpire la notizia infondata, quanto il dissenso in generale.
Si vuole cioè introdurre un tribunale dell’Inquisizione 2.0 composto da variegati soggetti assurti a “sbufalatori” che usano proprio quel metodo del cyber bullismo che le norme che si vorrebbero introdurre dovrebbero combattere: costoro da anni perseguitano, dileggiano, insultano, discreditano coloro che portano avanti un lavoro di informazione alternativa.
Infine, le norme non si applicheranno ai giornalisti professionisti e alle testate registrate: una doppia morale valida a difendere la stampa mainstream e l’operato degli spin doctors che dei contenuti “esagerati e tendenziosi” e degli pseudoeventi hanno costruito il loro impero.
Siamo cioè di fronte a un bipensiero, tanto ipocrita quanto schizoide che riecheggia il motto dei maiali in La fattoria degli animali:
TUTTI GLI ANIMALI SONO UGUALI,
MA ALCUNI SONO PIÙ UGUALI DEGLI ALTRI.
Anche in questo caso, alcuni membri della comunità sarebbero “più uguali degli altri” e a loro sarebbe permesso manipolare l’opinione pubblica e in particolare coloro che sono considerati “semplici spettatori”, ossia quel gregge che va orientato nelle proprie scelte in modo che non si svegli e soprattutto che non esprima il proprio pensiero in modo libero e critico. Lo scopo, citando ancora Chomsky, è che «il gregge disorientato continui a non orientarsi».
DA INTERESSE NAZIONALE:
https://www.interessenazionale.net/blog/fake-news-strana-genesi-dellinquisizione-20
VIETATO PENSARE: L'INCUBO DI ORWELL E' GIA' REALTA'
«Conosco bene tutti gli argomenti contro la libertà di pensiero e di parola, gli argomenti che affermano che non può esistere e quelli che dicono che non dovrebbe esistere. Rispondo semplicemente che non mi convincono e che la nostra civiltà nell’arco di quattrocento anni si è basata sull’avviso opposto».
Siamo nel 1972: con trent’anni di ritardo viene pubblicato il breve saggio La libertà di stampa di George Orwell a cui appartiene questa citazione. Esso era stato scritto come introduzione al romanzo La Fattoria degli Animali, composto tra il 1943 e il 1944, ma pensato durante la guerra civile in Spagna (1936-1939), a cui l’autore aveva preso parte tra le fila del Partito Operaio di Unificazione Marxista prima che questo venisse sciolto. In quegli anni Orwell fu testimone del sabotaggio del governo proletario a opera del Partito Comunista spagnolo, supportato militarmente e finanziariamente dall’URSS di Stalin. Quell’esperienza, raccontata nel 1938 in Omaggio alla Catalogna, lo condusse a una graduale disillusione che avrebbe poi rielaborato nello scenario distopico 1984: qua la forma di dittatura sadica e cupa immaginata dall’autore è applicabile a tutte le società dove si combattono guerre perpetue, i Media sono in mano a pochi, la popolazione è controllata da misure draconiane e il passato viene falsato e modificato a piacimento grazie al Ministero della Verità (il Miniver in neolingua).
Tematiche straordinariamente attuali: basta una veloce rassegna stampa quotidiana per constatare a quale livello di isteria sia arrivata la battaglia contro le fake news e la sua strumentalizzazione per imbavagliare l’informazione alternativa. Oggi sembra che in Occidente l’obiettivo primario dei governi sia censurare il web e pertanto la libertà di espressione.
In 1984 il Miniver si occupa di falsificare l’informazione e la propaganda per rendere il materiale diffuso conforme alle direttive e all’ideologia del Socing. Il Grande Fratello, infatti, sottomette le menti dei cittadini tramite il “controllo della realtà”, ossia il bipensiero e niente deve sfuggire alle maglie del suo dominio onnipervasivo. Il “controllo della realtà” e la falsificazione costante del passato servono a soggiogare il popolo tenendolo imprigionato in una forma di eterno presente: privo di memoria storica e senza più la capacità di usare la coscienza critica, l’uomo comune è costretto a crollare di fronte alla dissonanza cognitiva che viene indotta dal Grande Fratello, senza nemmeno accorgersi delle bugie a cui viene bombardato quotidiano. Dovrà quindi allinearsi completamente all’ortodossia, accettare e credere qualunque menzogna come dogma, anche qualora si dica che 2+2 fa 5.
Il peggior peccato che una persona può commettere è infatti lo psicoreato. Il Grande Fratello ha compreso che, per avere la totale sottomissione del popolo, deve penetrare nell’immaginario, nella mente di ogni cittadino per rimodellarla. Persino Winston verrà spremuto attraverso la tortura fino a “svuotarlo” per poter essere riempito dall’Ortodossia.
Il Partito studia e costruisce inoltre una neolingua dove i termini a disposizione siano così rarefatti e insignificanti da non permettere più a chi la usi di esprimere con parole concetti proibiti. La neolingua permette «di restringere al massimo la sfera d’azione del pensiero», rendendo di fatto «lo psicoreato letteralmente impossibile, perché non ci saranno parole con cui poterlo esprimere».
Psicopolizia, bipensiero e neolingua insieme controllano le menti dei membri del Partito, rendendo letteralmente impossibile formulare concetti appartenenti al passato. Il ricorso a sempre nuovi neologismi creati ad arte permette di pensare non più con le parole, ma a far sì che siano le parole stesse a pensare per noi. Ciò avviene perché esse sono svuotate di significato, sclerotizzate così come la mente delle persone è diventata schizofrenica a furia di essere manipolata e di vivere in un eterno presente in cui la storia viene costantemente riscritta. Il linguaggio viene ridotto all’osso, le parole diventano gusci vuoti, ideali per veicolare i concetti del bipensiero.
A quasi settant’anni di distanza dalla pubblicazione del capolavoro orwelliano le tematiche cardine del romanzo sembrano più attuali che mai.
Il pensiero unico oggi non richiede ancora la censura violenta ma rende ogni individuo censore di sé stesso.
Oggi più che mai assistiamo a una denigrazione continua di quei liberi pensatori che si arrischiano ancora a mettere in discussione certe scelte o dinamiche promosse dal potere. Non sono più necessari i metodi violenti per disincentivare un giornalista o un intellettuale (o sono comunque rari): lo si screditerà fino a farlo vergognare dei propri pensieri, lo si deriderà facendogli rischiare persino multe o la galera, gli si renderà impossibile scrivere e lavorare, affamandolo.
Su un altro fronte si rende più solerte la battaglia contro lo psicoreato. Ogni giorno alcune parole vengono “vietate” e ne nascono di nuove: neologismi che si conformano al diktat del politicamente corretto e che impediscono di pensare “male” e di deviare dall’Ortodossia.
Come se non bastasse, l’attuale diatriba sulle cosiddette fake news ha portato alla promozione di un clima di isteria che potremmo definire una “caccia alle streghe 2.0”. In un pieno rigurgito di maccartismo, dove al posto dei comunisti vengono perseguitati coloro che non si allineano al pensiero unico, è in atto una campagna che da un lato strumentalizza la violenza e il cyber bullismo dei social e dall’altro, in piena modalità schizoide, fa uso di questi metodi per attaccare, dileggiare, denigrare e screditare i ricercatori e i giornalisti “alternativi”. Costoro, come anticipato, arriveranno a vergognarsi di ciò che pensano, abbracciando il silenzio o “dandosi alla macchia”. I meno coraggiosi preferiranno non prendere posizione lasciando che siano altri a combattere le battaglie per procura.
In questo caso l’opinione pubblica, sapientemente manipolata, sembra legittimare l’uso della forza, la denigrazione, il clima di intolleranza, arrivando persino ad accettare di introdurre, il reato di opinione: una forma di psicoreato orwelliano secondo cui verrebbe punita non più l’azione ma la libertà di espressione e ancora prima di pensiero.
Non si potrà più pensare male: i propri pensieri e le proprie emozioni dovranno allinearsi al pensiero comune, globale, globalizzato. Sarà semplicemente vietato pensare fuori dal coro: la mente di tutti noi sarà definitivamente sotto controllo. Apparentemente, per una “buona” causa. Saremo cioè stati convinti, gradualmente, e sull’ondata dell’indignazione collettiva, a ritenere giusto che si apportassero misure di restrizione al web.
Dopo la globalizzazione delle merci stiamo assistendo a una globalizzazione delle coscienze. Ciò continuerà ad avvenire finché non decideremo di riappropriarci del nostro pensiero critico, ribellandoci all’attuale dittatura del pensiero unico.
DA INTERESSE NAZIONALE:
https://www.interessenazionale.net/blog/vietato-pensare-lincubo-di-orwell-e-gia-realta